“ La capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della creatività. “  Cit. Donald Winnicott

La relazione educativa, come cura nell’avere avere cura, nasce dall’incontro tra un “io” e un “tu” che concorrono a far scorgere ad ognuno il proprio progetto esistenziale, rendendolo visibile agli altri allo scopo di promuovere il benessere nella reciprocità e svelare ciò che cade nella sfera del nascondimento. Sostenere e accompagnare la cura educativa dei genitori nella relazione con i figli è come mettersi in cammino con in mano una mappa, una bussola, uno zaino capiente e ben equipaggiato. Muniti di uno sguardo attento nel misurare i passi, pronti a cercare il cielo stellato tra le fronde degli alberi, all’imbrunire, qualora si dovessero perdere i punti di riferimento. Genitori in cerca del proprio zenit e nadir dove orientare lo sguardo. Figli in cerca di genitori capaci di proteggerli dalle intemperie della vita. Prima di mettersi in cammino, occorre aver esplorato il territorio, aver battuto dei punti, aver calzato buone scarpe incamminandosi a passo leggero; ma non è mai così. Il cammino non sarà facile e le sfide da affrontare, pronte ad essere sperimentate. Ricordare le parole di Danilo Dolci potrebbe aiutarci a comprendere, a riflettere. Il  pedagogista riteneva che: non ci potrà essere nessun vero cambiamento che possa prescindere dal coinvolgimento e dalla partecipazione diretta degli interessati. Secondo Dolci, l’approccio maieutico reciproco porta a “un processo di esplorazione collettiva che prende, come punto di partenza, l’esperienza e l’intuizione degli individui” (Dolci, 1996). Scopo del processo è  liberare quella creatività nascosta in ogni persona e farla sbocciare. Entrare in relazione donando voce per trovare le parole per raccontarsi attraverso l’emersione di quelle parole che assumono significato e senso nella relazione con l’altro. Attraverso la scrittura creativa ed il procedimento utilizzato nella Blackout poetry, l’approccio educativo messo in atto rende  resilienti. Le parole emerse, le parole annerite, cancellate, puntano all’integrità della relazione, riannodano il dialogo ed evitano che si frantumi nei silenzi dell’incomunicabilità. Le parole portate gradualmente alla luce valorizzano la propria creatività individuale divenendo voce da ascoltare. La prospettiva resiliente nella Blackout conduce a rivolgere verso di sé, in relazione all’altro, il proprio sguardo, ripercorrendo la propria storia attraverso una  narrazione emotiva profondamente ed autenticamente disvelante. Una sorta di laboratorio maieutico ai cui partecipanti viene chiesto di mettersi in discussione, di svelarsi, mettendo a nudo le proprie emozioni dinnanzi agli altri. Viene avviato un dialogo a più voci, il cui racconto è riflessivo, rispecchiante, annodante come in una tessitura tra trama e ordito. Le parole nuove, dischiuse, aiutano a far respirare il proprio vissuto, le proprie emozioni attraverso il testo narrativo emerso, le brevi frasi, le immagini poetiche, i versi spezzati e ricomposti che ci raccontano. Le parole si riossigenano, divenendo nuove, dando vita al racconto corale del  proprio romanzo familiare. Recuperare la relazione educativa esistenziale intra famigliare, per quella che diventerà una poetica della vita, nel ricostruire relazioni efficaci e durevoli sul piano empatico. Sessioni per accompagnare, guidare, quei processi di crescita e cambiamento che assumono senso, significato, valore nell’agire quotidiano, dell’esistere e nell’incontrare l’altro autenticamente. Creare quei legami significativi che aiutano a crescere. “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano insieme, con la mediazione del mondo”, cosi ci testimonia Paulo Freire. Con  la scrittura poetica creativa della Blackout poetry, le parole “ri-trovate” definiscono i contorni, colorano, riscaldando la vita di ognuno, tornano a “ri-conoscersi” e a mostrare ciò che è nascosto tra le interlinee di una pagina e che i nostri occhi catturano…..come in un lampo.

Caterina Amariti

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